Sposare sé stessi, dando nuova vita ad una delle cerimonie più antiche di tutti i tempi. Sposare sé stessi, per gridare al mondo che l’inclusività passa prima di tutto dal nostro Io più profondo, dall’accettare chi siamo, dall’impegnarci a renderci felici e autentici ogni giorno. Senza escludere gli altri, anzi.

Sono questi alcuni dei temi oggetto del saggio “Sologamia. L’arte di sposare sé stessə” scritto dall’artista visiva Elena Ketra (138 pagine, edizioni Exibart, in vendita su Amazon). In questo art essay Ketra racconta la poetica e le riflessioni sulle quali lavora dal 2020: è il primo libro pubblicato in Italia focalizzato sul matrimonio sologamico e descrive un fenomeno sociale contemporaneo internazionale. È questo il primo libro di Ketra, artista vicentina che lavora tra Treviso e Roma, nota per il proprio studio nell’ambito del femminile che l’ha portata ad esporre al Museo Madre di Napoli l’opera Utereyes (un utero che vigila contro ogni vessazione).

Per scrivere “Sologamia. L’arte di sposare sé stessə”, Ketra ha innanzitutto lavorato con le parole: ogni capitolo si apre con un concetto che ispira la mappa semantica sottostante al capitolo stesso. Sologamia è però ancora un neologismo e non appare in nessun vocabolario: la Treccani non la cita, su Wikipedia è necessario leggere la versione inglese, “Sologamy”. E, proprio nell’ottica di far capire che le parole hanno un peso, nel suo saggio l’artista ha usato lo schwa (ə), esempio di come un simbolo fonetico possa evolversi per acquisire nuovi significati culturali, generando un forte impatto sulla discussione linguistica e sull’inclusività.

Per poter contestualizzare e cogliere le diverse sfumature del fenomeno – spiega l’autrice – ho riflettuto prima sul significato delle parole che descrivono i principali tipi di unione, passando poi alla storia del matrimonio, all’importanza delle sue promesse, approdando successivamente alla sfera più intima dell’individuo e della percezione che ha di sé e di come si sia sviluppata una nuova consapevolezza, oltre i confini di ruoli e stereotipi prestabiliti”.

In seguito, l’artista ha analizzato il mondo “pop” della sologamia, scegliendo alcune traiettorie e racconti che meglio di altri evidenziano come si stia costruendo un nuovo perimetro intellettuale attorno a questa realtà anche grazie a serie televisive, festival, agenzie di wedding planner, film e influencer.

Ketra ha trasmesso la filosofia sologamica nell’universo dell’arte sotto forma di performance digitale, tramite la quale per la prima volta è possibile sposarsi con sé stessi online, ne è nato un portale internet: www.sologamy.org. Gli effetti psicologici e emotivi delle sue performance non sono passati inosservati, anche per questo il progetto ha fatto parte di un corso basato sull’arteterapia gestito dal Centro Europeo di psicologia, investigazione e criminologia (CEPIC) di Roma.

Il matrimonio con sé stessə non esclude altre relazioni – precisa ancora Ketra – che anzi tenderanno a diventare più forti e più profonde. Sentirsi sicurə, autonomə e appagatə significa essere in grado di riconoscere le relazioni più vere e soddisfacenti, e poter intercettare invece quelle potenzialmente tossiche. Sposare sé stessə come atto di empowerment ed emancipazione. Sposare sé stessə per scardinare gli stereotipi di genere, per ribellarsi alle pressioni sociali e culturali che impongono ruoli e regole di vita uniformanti e per manifestare la nostra libertà di scelta. Questa è l’arte di sposare sé stessə”.